Descrizione
Storia e Datazione
La sua storia è legata a quella dell’ordine monastico dei Carmelitani, già presenti in Galatina fin dal 1618. All’inizio questi avevano officiato in una piccola cappella sotto il titolo della Madonna del Muro. Dopo una prima ristrutturazione avevano reso questo luogo più solenne con la consacrazione dell’altare maggiore alla Madonna del Carmine.
Dopo aver avviato i lavori della costruzione del convento già intorno alla metà del Seicento, nel 1652, a séguito della bolla di Papa Innocenzo X, furono costretti ad abbandonare tutto e a lasciare la città. Ma il loro allontanamento durò ben poco.
Rientrati ben presto, nel 1674 essi presero possesso del nuovo monastero, articolato intorno ad un chiostro ‘colonnato ed arcato’, anche se i lavori di completamento continuarono ancora per tutto il decennio successivo. E già, a motivo di lasciti, rendite e donazioni, pensavano di dover nuovamente riprendere i lavori di abbellimento della vecchia chiesa seicentesca allorquando, nel 1719, l’edificio crollò e i monaci si trovarono nelle necessità di doverla nuovamente "ricostruire" dalle fondamenta. Fu portata rapidamente a compimento nel 1724, come si rileva nella data incisa sull’ultimo ordine della facciata, insieme con lo stemma coronato dei Carmelitani.
Ancora alla fine del Settecento (1795), gli stessi monaci erano ancora e di nuovo impegnati al completamento del Convento.
Quando l’ordine dei carmelitani venne soppresso, nel 1809, insieme con gli altri ordini religiosi, le sale del convento che affacciava su quella che oggi è via Siciliani, vennero destinate ad accogliere l’Ospedale Civile.
Prospetto
Affaccia sulla cinta muraria verso l’angolo nord-est del centro storico, all’incrocio delle vie Mezio, Turati e Siciliani. Pregevole e ricca di movimento la facciata, con il portale in pietra leccese, l’ornamentazione, le statue ed il portone ligneo (1745), opera d’intaglio del maestro galatinese Donato Costantino.
I canoni compositivi del repertorio barocco operato in Galatina trovano qui una emblematica ed espressiva esemplificazione. Per la distribuzione delle forme architettoniche e per la sua coerenza stilistica il modello è caratterizzato dallo slancio delle paraste, levigate, ed è impreziosito dal ricamo della pietra intorno al portale, al primo ordine, e al finestrone in asse con il portale, al secondo. Abbelliscono e movimentano la facciata le quattro nicchie riccamente ornate rispettivamente con le statue dei profeti Elia ed Eliseo, al primo ordine, e con quelle di S. Teresa d’Avila e di S. Maddalena dei Pazzi, a quello superiore. Sul portale, sul podio d’onore, la figura della Beata Vergine del Carmelo.
Interno
L’interno è costituito da una sola grande nave, rettangolare, illuminata da tre finestroni e con due serie di cappelle che ritmano la scansione dei muri laterali. Tra queste si ricordano quelle intitolate, come i rispettivi altari: all’ Immacolata, a Santa Teresa, alla Madonna del Rosario, a San Giuseppe e a Sant’Antonio.
Al centro degli stucchi dorati del soffitto lo splendido affresco “foedus Pacis”, autografo, del gallipolino Agesilao Flora, del 1915, con le seguenti iscrizioni: "FOEDVS PACIS – SALVS IN PERICVLIS" - ‘A.FLORA CMXV’.
Di particolare attenzione è il settecentesco altare, posto sulla destra dell’altare maggiore, intitolato alla Natività del Signore e realizzato intorno al 1736 da Mauro Manieri per la famiglia Tanza. Sovrastante questo altare è un palchetto con l’Organo, settecentesco, tuttora funzionante. E, naturalmente, non si può che ammirare lo stesso Altare Maggiore, riccamente ornato e decorato, con la pala rettangolare della Vergine del Carmine, con la seguente epigrafe posta alla sua sommità: ECCE SIGNVM SALVTIS IN QVO QVIS MORIENS AETERNVM NON PATIETVR INCENDIVM. RESTAVRATVM MCMXV. Ancora al centro della parete absidale, collocato in alto, al coronamento dell’Altare maggiore, è il grande ovale dipinto con La visione di Gesù a S. Teresa d’Avila.
Degno di nota anche il caratteristico Presepe in pietra leccese del 1650.